ABBUFFARSI COMPULSIVAMENTE:
IL BINGE EATING
Il binge eating è un disturbo alimentare che consiste in grandi abbuffate di cibo, alternate a giornate di deprivazione alimentare. Il problema si struttura progressivamente e può raggiungere nel tempo la frequenza di una o più abbuffate giornaliere.
All'inizio la persona, attenta alla propria linea ed al proprio peso si dedica, così come fanno in molti, ad un rigido regime alimentare. Diminuisce sempre più il cibo, con l'entusiasmo del rapido decremento del peso nei primi giorni, ma può accadere che, sfinita dalle sue stesse, esagerate restrizioni, ceda improvvisamente, mangiando senza freni e cadendo in una colossale abbuffata.
A questo punto può entrare in gioco il meccanismo perverso: l'individuo, preso dai sensi di colpa per l'abbuffata, cerca di correre subito ai ripari, restringendo ancora di più il proprio regime alimentare, proprio per far fronte alla precedente, totale, perdita di controllo. Ma puntualmente, dopo pochi giorni, il desiderio di cibo diventa così intenso che cede miserevolmente, abbandonandosi ad una nuova, più grande abbuffata. Torna allora il vecchio pensiero: “visto che mi sono strafogato, devo recuperare, mangiando ancora di meno...”. Di fatto questi soggetti sono capaci di avere importanti oscillazioni nel proprio peso corporeo nell'arco di pochi giorni.
Ma è ormai evidente al lettore che, arrivando nei casi estremi, a non mangiare praticamente niente, la persona si abbuffa più frequentemente, anche giornalmente, proprio per via delle estenuanti deprivazioni alimentari cui si sottopone.
A tutto ciò è stato clinicamente osservato, con una certa frequenza, un'ulteriore problematica che acuisce il problema: una smodata attività fisica, finalizzata a bruciare il più possibile le calorie incamerate. A parte il fatto che, sottoporre il proprio corpo ad allenamenti giornalieri estenuanti di diverse ore non fa di certo bene; il troppo fitness velocizza esponenzialmente lo stimolo della fame e quindi avvicina nel tempo il successivo disastro alimentare. Anche qui il meccanismo è perverso; la persona dice a se stessa: "Siccome ho esagerato a tavola devo allenarmi ancora di più". Ma il proprio corpo reclamerà il giusto apporto alimentare che, se non concesso, darà successivamente luogo ad un'altra, incontrollabile abbuffata.
Il meccanismo, secondo una logica stringente, portato alle sue estreme conseguenze, genera un nuovo problema. Dal punto di vista della persona la ragione è assolutamente evidente: mi abbuffo, quindi devo correre ai ripari limitando l'alimentazione.
Ma il problema è esattamente l'opposto: siccome mi sottopongo a regimi alimentari da vera e propria fame e magari anche ad una attività fisica troppo intensa, non ce la faccio più e perdo il controllo, abbuffandomi in modo sempre più spropositato.
Questa è la ristrutturazione fondamentale che viene fatta nella prima seduta della terapia con questo tipo di pazienti. Grazie al dialogo terapeutico strategico, si arriva a far sentire alla persona che la soluzione che sta intraprendendo è in assoluto controproducente e da evitare. E' un passaggio fondamentale.
Il continuo dell'intervento, trattandosi di un problema ossessivo nei confronti del cibo, consiste nel rompere le rigide abitudini alimentari, concedendosi il piacere nei pasti, anche con quegli alimenti "vietati" per la persona, fino alla completa sazietà. In questo modo si annulla immediatamente il raptus di vera e propria fame, che porta all'abbuffata compulsiva.
Le percentuali di successo, utilizzando la terapia strategica, sono molto alte: si attestano nell'88% della casistica (fonte: Centro di Terapia Strategica Breve di Arezzo e Studi Affiliati in Italia).