LE OSSESSIONI
Le ossessioni sono dei pensieri ricorrenti e intrusivi che generano forte ansia.
A differenza dei disturbi mentali psicotici superiori in cui l'individuo, ad esempio, può “sentire” delle voci che provengono dal di fuori di sé (allucinazioni), chi è ossessionato dai propri pensieri si rende conto che essi sono prodotti dalla propria mente, anche se vorrebbe comunque non averli, perché fonte di estrema preoccupazione.
Tale disturbo può riguardare gli ambiti più disparati. Alcuni esempi riguardano la paura di fare del male a se stessi o agli altri, di essere omosessuali, di fare una pazzia o compiere dei gesti che sfuggono dal proprio controllo.
COSA PEGGIORA LA SITUAZIONE
Quando soffri di pensieri ossessivi metti in atto una strategia di soluzione, dettata dal buon senso, che in realtà amplifica ancora di più il tuo problema: cerchi di non pensare a ciò che ti disturba.
Questo tentativo di controllo genera l'effetto contrario, facciamo un semplice esempio. Prova in questo momento a non pensare ad un oggetto. Nello stesso momento in cui fai questo tentativo ti stai costringendo a pensarci ancora di più. Gli antichi romani avevano infatti sentenziato migliaia di anni fa: cercare di non pensare equivale a pensare.
Nello sforzo volontario di non pensare, pensare ad altro o semplicemente distrarti, alimenti quindi i pensieri ossessivi e l'intensa preoccupazione annessa, che diventa angoscia paralizzante.
Soffrire di pensieri ossessivi può portarti ad evitare l'oggetto delle tue preoccupazioni mentali, per paura di mettere in atto proprio quei pensieri. Ad esempio, se hai l'ossessione di ferire gli altri o te stesso con un coltello, puoi arrivare ad evitare di entrare in cucina o usare le posate in acciaio. Anche questa tentata soluzione, purtroppo, aggrava ulteriormente il problema, poiché agisci in funzione tua ossessione, rinforzandola e dandole adito.
COME INTERVENIRE
Le terapie farmacologiche possono ridurre la sintomatologia ansiosa ma non cambiare il contenuto minaccioso del pensiero.
La terapia psicologiche si basano su un ribaltamento logico del problema, creando un potente effetto terapeutico. Viene prescritto un rituale volontario rispetto i pensieri ossessivi (vedi caso clinico a seguire), che diventando deliberati e pianificati dal soggetto, e non più “subiti forzatamente”, diminuiscono in frequenza ed intensità, fino a scomparire, azzerando i livelli di ansia.
Tra le terapie psicologiche l'approccio strategico breve è nettamente il più efficace ed efficiente per la risoluzione totale del disturbo, con un tasso di successo in oltre l'85% dei casi (Fonte: Centro di Terapia Strategica Breve di Arezzo e Studi affiliati).
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"POTREI TAGLIARMI CON UNA LAMETTA"
CASO CLINICO TRATTATO
Giovanna era arrivata in terapia con una situazione personale e familiare molto spiacevole e complessa. Nella sua famiglia nessuno lavorava, il padre era assente indipendentemente dalla sua volontà. La ragazza aveva attraversato molti traumi ed anche delle relazioni finite molto male. Adesso stava cercando uno psicoterapeuta in grado di aiutarla. Le prime sedute furono impiegate nel “far defluire il fiume in piena” della sua frustrazione, ansia e disperazione, per i tanti spiacevoli eventi, avvenuti o ancora in corso, contro cui lei comunque poteva fare attivamente ben poco o niente. Ho aiutato ed aiuto quotidianamente pazienti con questa pesante problematica in provincia di Trapani ed anche online.
Dopo i primi incontri venne fuori il problema con cui Giovanna combatteva giornalmente: i suoi pensieri ossessivi. Era ossessionata dal fatto che potesse compiere qualche gesto pazzo, che sfuggisse dal suo controllo. Se durante il telegiornale, ascoltava una notizia riguardante un atto di follia, cambiava subito canale impaurita: i suoi pensieri la disturbavano talmente da renderla convinta che anche lei potesse fare qualcosa di estremamente pericoloso.
La sua preoccupazione principale era: “quando entro in bagno mi viene un pensiero sconcertante, guardo la lametta e penso che potrei prenderla e tagliarmi le vene”. Cercava allora di distrarsi, di non guardare la lametta, di metterla da parte. Ma anche così le tornava il pensiero che avrebbe potuto tagliarsi le vene fino a morire dissanguata. Le ossessioni riguardavano anche la paura di far del male agli altri. Aveva la fobia dei coltelli, avrebbe potuto, a suo dire, prenderne uno e infliggere delle ferite a chi gli stava vicino, per questo li usava solo di plastica. Ma Giovanna sapeva di voler bene a se stessa e ai suoi familiari e la situazione la turbava e angosciava notevolmente.
Compresa la struttura del problema introdussi alla ragazza l'indicazione terapeutica che avrebbe eseguito giornalmente fino al prossimo incontro, due settimane più tardi. La prescrizione le sarebbe sembrata strana, ma di fronte ad un problema così apparentemente illogico, anche la soluzione avrebbe seguito una logica non convenzionale.
Dissi allora: “allo scoccare di ogni ora del giorno, a partire da quando ti svegli a quando ti corichi, per cinque minuti, ovunque tu sia e qualunque cosa tu stia facendo, ti metti a pensare volontariamente a tutti i pensieri che ti disturbano. Sei lì e con l'orario puntato pensi volontariamente alle tue ossessioni, al fatto che potresti tagliarti con una lametta, fare del male agli altri e tutto il resto”.
Giovanna accettò l'indicazione e fin dalla seduta successiva riferì che, al contrario di quanto si era aspettata, il pensare volontariamente a quei pensieri, che fino ad allora erano stati violentemente intrusivi, non era stato così terribile; quei minuti non erano stati così angoscianti: aveva sentito di assumerne il controllo.
“E al di fuori di quei 5 minuti ogni ora? Come era andata?” - chiesi. “Li ho avuti, ma in effetti mi facevano un po' meno paura, sapevo che dovevo pensarci all'inizio di ogni ora e questa cosa, non so perché, mi tranquillizzava.
Commentai cautamente e positivamente l'esito dell'indicazione rinnovandola, ma con una variante. Questa volta avrebbe pensato volontariamente alle sue ossessioni ogni due ore.
Le sedute andarono avanti su questa strada, la ragazza poteva permettersi di pensare volontariamente a tutti quei brutti pensieri da cui prima cercava di fuggire terrorizzata, ma adesso, avendo deliberatamente creato un contenitore per essi, suscitavano sempre meno paura ed erano anche diventati meno frequenti. Aumentai allora lo spazio di tempo che doveva intercorrere tra i “cinque minuti volontari”.
Dopo poche sedute il problema era quasi completamente sradicato. Ogni tanto si accorgeva dei pensieri, poco frequenti e sempre meno disturbanti. Diedi allora un'indicazione che si sarebbe rivelata essere l'ultima per questo problema: “Le rare volte in cui ti rendi conto che arriva l'ossessione tienila semplicemente con te, evita di stare lì a combatterla, portatela dietro come se fosse il sottofondo di una radio accesa, tu semplicemente evita di combatterla e continua a fare quello che stai facendo”.
Bastarono altre due sedute, diluite nel tempo nell'arco di sei settimane (una ogni tre settimane) per azzerare i restanti pensieri ossessivi. Giovanna, le rare volte in cui si erano manifestati, li aveva portati con sé, continuando normalmente a svolgere le sue occupazione e si era presto accorta che in questo modo erano naturalmente scomparsi. Aveva conquistato la strategia finale e risolutiva verso le ossessioni mentali: vincerle senza combatterle.